Avete mai sentito parlare di
Agroecologia? Questa sarà probabilmente una delle parole d’ordine del prossimo anno, soprattutto nel dibattito sulla sostenibilità. Il settore agricolo, infatti, è uno dei meno sostenibili in assoluto, poiché consuma moltissime risorse, impoverisce i terreni, si espande sostituendo gli ecosistemi naturali e genera gas serra e contaminazione del terreno e delle falde acquifere. L’Agroecologia è un insieme di
pratiche e innovazioni tecnologiche che si propongono di ottimizzare la produzione di cibo senza distruggere gli ecosistemi naturali, ma anzi preservandoli.
Come funziona l’agroecologia
Uno degli esempi più tipici di tecnica agroecologica è l’utilizzo degli
insetti “utili” per contrastare i parassiti. Questo genere di insetti possono essere introdotti direttamente o attirati piantando fasce erbose che producano nettari adatti. In Italia si pratica anche la coltivazione affiancata di piante i cui feromoni stimolano le colture senza bisogno di impiegare fitoterapici e agenti chimici potenzialmente contaminanti. Un altro degli scopi dell’agroecologia è cercare di
ottimizzare le risorse idriche necessarie alla resa ottimale delle colture, dal momento che l’acqua è una delle risorse che più massicciamente vengono consumate dal settore agricolo. Per ottenere questo risultato si tentano diverse strade, fra le quali le
colture idroponiche.
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Ridurre i costi di produzione
Un luogo comune circa l’agroecologia è che questo tipo di tecniche aumentino i costi di manutenzione delle colture e di conseguenza quelli di produzione del cibo, andando a impattare sul profitto delle aziende o sulla capacità di acquisto dei consumatori. In realtà le cose non stanno necessariamente così. Il cambiamento climatico e il depauperamento delle risorse idriche e della terra, infatti, richiedono sempre più spesso interventi mirati, con manodopera specializzata (e quindi costosa). Inoltre il cambiamento climatico continua a causare fenomeni atmosferici sempre più estremi e ha reso molto più frequenti gli attacchi da parte di parassiti fitofagi di ogni genere, che danneggiano sensibilmente la produzione e ne incrementano i costi. Mettendo sul piatto della bilancia
il costo di un’agricoltura non sostenibile rispetto alle migliorie necessarie per implementare regolarmente le pratiche agroecologiche, risulta evidente come queste ultime non siano, sul lungo periodo, l’opzione più costosa.
Il ruolo dell’economia circolare
Una parte importante dell’agroecologia è la sua relazione con
l’economia circolare. Ottimizzare e intensificare le colture senza distruggere gli ecosistemi, infatti, è un risultato che passa anche dal riutilizzo di prodotti di scarto in tutte le fasi del processo. In questo modo
si recuperano una parte dei costi necessari all’implementazione di nuove tecnologie. Per esempio, da un sedimento marino normalmente classificato come rifiuto di altri processi si ricavano substrati di coltivazione sostenibili, alternativi alla torba, adatti a diverse colture. In questo modo di possono acquisire parte delle risorse a prezzi ridotti e al tempo stesso si preserva la qualità della terra, realizzando così
un doppio guadagno, sul fronte economico e su quello della sostenibilità.