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Olio di palma: stop alle piantagioni e importazioni in Sri Lanka

Tutti abbiamo sentito parlare, in momenti diversi, dell'olio di palma e lo associamo a connotazioni negative. In pochi sanno davvero perché, ma è un fatto che i prodotti che riportano la dicitura “senza olio di palma” lo facciano per comunicare ai consumatori l'adesione del brand a valori legati alla sostenibilità e alla salute. Di recente, lo Sri Lanka ha preso la decisione storica e senza precedenti di bandire completamente questa sostanza, vietandone le importazioni e impegnandosi a estirpare tutte le coltivazioni esistenti.

Perché questa decisione è così importante? E quali sono le implicazioni negative del consumo e della produzione dell'olio di palma?

 

Che cos'è l'olio di palma?

L'olio di palma è un grasso vegetale che si utilizza nel processo di produzione di moltissimi alimenti e prodotti cosmetici e deriva dalla palma da olio africana, una pianta invasiva la cui coltivazione è fra le più proficue del mondo. I vantaggi per i produttori sono notevoli: la palma produce molto più olio per ettaro rispetto ad altre colture per olio vegetale, come il cocco o la soia, inoltre l'olio di palma si conserva più a lungo degli altri oli vegetali ed è estremamente versatile, inodore e insapore. Lo si usa per rendere cremosi i prodotti spalmabili e croccanti quelli fritti, ma anche come combustibile biologico. Perché un prodotto dalle proprietà così apparentemente miracolose è così universalmente criticato?

 

Il problema dell'olio di palma è la sostenibilità

La coltivazione della palma da olio è un vero e proprio cataclisma per la biodiversità delle regioni in cui diventa prevalente. Proprio a causa degli alti profitti che se ne possono trarre, le aziende che si dedicano alle colture intensive hanno acquistato e raso al suolo alcune delle più antiche foreste del mondo. Queste operazioni implicano l'incendio delle aree da deforestare. Ciò significa che enormi aree boschive, che prima assorbivano tonnellate di CO2, sono state prima trasformate in colossali fonti di emissioni (dal momento che la combustione rilascia anidride carbonica) e poi lasciate inerti, privando il pianeta della loro capacità di regolazione dell'atmosfera. Per mettere la situazione in prospettiva: la deforestazione è al momento la causa del 15% di tutte le emissioni del pianeta, ovvero la stessa percentuale generata da tutte le auto, i camion e i treni del mondo. Anche le pratiche di acquisizione dei terreni si sono rivelate devastanti per le popolazioni locali, che sono state espropriate spesso con metodi violenti e la cui economia è stata interamente soggiogata dalle colture di palma da olio.

Capita inoltre spesso che queste coltivazioni facciano grande uso di fertilizzanti e pesticidi chimici dannosi, che finiscono per contaminare i terreni circostanti e le falde acquifere, contribuendo ulteriormente alla distruzione della biodiversità. Come sappiamo, inoltre, le aree a basso tasso di biodiversità sono più soggette ad alluvioni. Le comunità locali vengono quindi messe in pericolo, la loro salute e la loro stabilità vengono minacciate e questo produce gravissime conseguenze economiche e sociali. C'è poi da considerare l'altro risvolto della distruzione della biodiversità: il rischio di estinzione a cui vengono esposte le specie animali i cui habitat vengono cancellati per far posto a nuove colture. Infine, il consumo idrico di queste coltivazioni è sproporzionatamente superiore alla media.

 

L'importanza del consumo consapevole

La scelta dello Sri Lanka è per ora unica nel panorama internazionale dei Paesi nei quali i produttori di olio di palma hanno investito, ma potrebbe segnare la via per il futuro. Il braccio di ferro che è inevitabilmente seguito al decreto, le vicine Indonesia e Malesia, che a loro volta producono olio di palma e in parte lo esportano proprio in Sri Lanka, ha portato ad alcune concessioni rispetto alla possibilità di importare le varianti più raffinate e di alta qualità del prodotto.

La differenza potrebbe farla l'attitudine dei consumatori, cosa che peraltro è già avvenuta in Europa. Sensibilizzare al consumo consapevole è il miglior modo per motivare le aziende a fare scelte etiche e sostenibili.

Pubblicato il 16-07-2021

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