L’accordo dell’Europa sul clima, meglio noto come European Green Deal, è una delle iniziative più importanti a livello mondiale, dal punto di vista della lotta al riscaldamento globale. La Commissione Europea ha presentato un programma d’azione molto dettagliato, con fonti di finanziamento già identificate per ogni azione e progetto, per un budget totale di oltre un trilione di Euro fra investimenti pubblici e privati da effettuare nei prossimi dieci anni.
Qual è lo scopo dello European Green Deal?
La
Commissione Europea si è posta come obiettivo quello di
trasformare l’Unione in un’economia “neutrale” dal punto di vista del cambiamento climatico entro il 2050. Per quanto questa data possa apparirci lontana, si tratta di un tempo davvero molto limitato per invertire il trend avviato in tutto l’occidente. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo si rendono necessari ingenti investimenti soprattutto in
tecnologie energetiche “pulite” e nella
ricerca che le rende possibili e le migliora. L’obiettivo intermedio, che è stato invece fissato per il
2030, è una
riduzione delle emissioni di gas serra pari al 40%.
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Come si finanziano le politiche ambientali dell’Unione Europea?
È proprio per finanziare questo genere di politiche di ampio respiro che
la UE ha un bilancio a lungo termine e una varietà di fondi creati ad hoc. Fra questi, per esempio il famoso
fondo Horizon 2020, il Fondo di Sviluppo Regionale e i tanti fondi agricoli disponibili. Ci sono inoltre i
fondi di investEU, nei quali convergeranno moltissimi investimenti sia pubblici che privati, da convogliarsi nel supporto ai programmi dello European Green Deal.
Chi beneficerà delle politiche ambientali dell’Unione?
L’Europa non ha un’identità coerente dal punto di vista del risparmio energetico, dell’ottimizzazione, delle emissioni e degli investimenti in alternative sostenibili ai combustibili fossili. Mentre ci sono alcuni esempi virtuosi – soprattutto a livello regionale, più che nazionale – che
privilegiano con successo le energie rinnovabili, non mancano
intere regioni ancora fortemente dipendenti dal carbone per il fabbisogno energetico quotidiano della popolazione e dell’industria. Queste ultime sarebbero ovviamente le prime beneficiarie di politiche di riconversione energetica, che avrebbero inevitabilmente l’effetto di creare posti di lavoro, migliorare la qualità della vita e dell’aria e, in generale, la salute pubblica.
Ristrutturare le competenze
Le maggiori resistenze alla riconversione degli impianti a combustibili fossili viene solitamente da chi teme che, con la chiusura delle strutture più inquinanti, si vada incontro a una massiccia perdita di posti di lavoro. Proprio per questo i fondi dello European Green Deal prevedono anche
investimenti a sostegno dei lavoratori, per permettere loro di apprendere nuove competenze che li collochino con successo nel mondo del lavoro futuro, in una società nella quale le energie pulite possono generare altrettanti posti di lavoro quanti ne generavano le vecchie centrali a combustibili fossili. Vanno inoltre considerate tutte quelle professionalità che pertengono al controllo di qualità e alle verifiche di sicurezza dei nuovi impianti, per non parlare della loro costruzione. Anche a fronte di costi non insignificanti in una fase iniziale (comunque supportati dai fondi europei), sul lungo periodo
le economie dei paesi coinvolti non potranno che giovarsi della rinnovata gestione dell’energia a livello globale.