Sicuramente avrete sentito parlare della differenza fra turista e viaggiatore. Chi si riconosce nella seconda categoria, solitamente, non vuole assolutamente confondersi né avere nulla a che fare con la prima. Chi invece apprezza le caratteristiche dell’essere turista, solitamente guarda a chi usa il termine “viaggiatore” con una qualche diffidenza, considerandolo un po’ snob. La divisione fra queste due categorie è talmente marcata che ormai c’è spazio anche per battute e parodie su quello che è diventato un vero e proprio stereotipo culturale della contemporaneità. Ma che differenza c’è, davvero, fra turista e viaggiatore? Basterà scorrere le definizioni su qualsiasi dizionario per scoprire che, letteralmente, per “viaggiatore” si intende “chi viaggia”, mentre con il termine “turista” si indica chi viaggia per diporto. Tutto qui? Naturalmente no. Nella nostra cultura, questi termini si sono caricati di ben altri significati.
Da soli o in compagnia?
La differenza fra turista e viaggiatore si vede prima ancora di partire, nella
scelta dei compagni di viaggio. Il
turista si muove di solito con la
famiglia, ma in assenza di questa predilige comunque gli
spostamenti di gruppo. Nell’esperienza del turista,
è la compagnia che dà senso all’esperienza, motivo per cui lo si trova non di rado impegnato in lunghi giri di telefonate, per individuare gli amici da coinvolgere in un determinato viaggio all’insegna del
“più siamo e meglio stiamo”. Il
viaggiatore, invece, è
un solitario. Di tanto in tanto può accettare di muoversi in coppia o con un amico, a patto che l’altra persona condivida i suoi interessi e i suoi entusiasmi – pena il perdersi in liti infinite sulle escursioni da scegliere.
L’esperienza del viaggiatore è individuale e ha a che fare soprattutto con ciò che si vede, piuttosto che con la condivisione. Il viaggiatore non fa visite guidate nei musei, ma li esplora in solitaria, magari con un’audioguida, fermandosi davanti a ogni opera per tutto il tempo che desidera e assaporando ciò che gli piace e lo emoziona maggiormente.
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Pacchetto all-inclusive vs avventura imprevedibile: turista e viaggiatore alle prese con l’alloggio
Si tratta di un cliché, naturalmente, ma quando pensiamo al turista ci vengono in mente i
mega-complessi e villaggi che offrono pacchetti all-inclusive. Da Riccione a Benidorm, da Sharm El-Sheikh a Sibari, ci sono strutture nelle quali è possibile trascorrere un’intera vacanza senza uscire mai, senza esplorare la regione o la città più vicina e senza mai mettere mano al portafoglio per bere o mangiare. Questo genere di vacanza, molto gettonata dalle famiglie con bambini, è spesso
all’insegna del relax e dello svago e prevede giornate in piscina e attività organizzate e pianificate. Questa è la tipica scelta da “turista” che fa inorridire
il viaggiatore, il quale predilige invece percorsi aperti, con prenotazioni in strutture il più possibile sostenibili e vicine alla vita quotidiana delle comunità locali. Il viaggiatore porta con sé uno zaino, sceglie di soggiornare in un’azienda agricola locale, magari dedicando qualche giorno al “voluntouring”, ovvero a offrire il proprio lavoro per associazioni o imprese benefiche, spesso collegate alla conservazione della natura e della fauna. Il turista sceglie la stanza di categoria più alta fra quelle che può permettersi, il viaggiatore non di rado si sposta con la tenda sulle spalle e legge le recensioni delle aree camping, oppure si serve di piattaforme di couch-surfing, per conoscere gli abitanti e la cultura del luogo.
Sostenibilità vs turismo di massa
Quando il viaggiatore si trova a passare davanti alle strutture dove soggiorna il turista, spesso rabbrividisce. Di fronte a una piscina riscaldata d’inverno o a una pista da sci nel deserto,
il viaggiatore si pone il problema della sostenibilità. Lo stesso avviene nella contemplazione dell’impatto ambientale del fast food o degli spostamenti in aereo.
Il turista non può o non vuole pensare a tutti questi aspetti (e, come vedremo, l’industria non lo aiuta). Il
viaggiatore non acquista souvenir di plastica fabbricati altrove, ma sceglie
pezzi d’artigianato locale. Non porta con sé sassi, sabbia o altri elementi naturali, ma realizza
servizi fotografici. Se può, impara anche qualche parola della lingua locale, un po’ per rispetto e un po’ per curiosità.
Turista e viaggiatore? Si può essere entrambi!
In realtà queste due parole non sono affatto antagoniste e le due definizioni hanno molto in comune, nonostante si sia diffusa l’idea che essere un turista sia troppo “comune” e persino un po’ volgare. C’è però da dire che non tutti possono permettersi l’esplorazione mistica e spirituale di luoghi incontaminati, zaino in spalla, senza limiti e con un’immersione totale nella cultura e nella vita del luogo. Questa visione, infatti, esclude chi ha una disponibilità di tempo limitata, chi si sposta con bambini piccoli, chi ha disabilità o necessità particolari, sia fisiche che cognitive e molte altre categorie che non necessariamente prediligono stili di viaggio poco sostenibili o esperienze superficiali. La soluzione, dunque, potrebbe essere quella di
muoversi verso l’inclusività, non cercando per forza di convertire ogni turista in un “viaggiatore”, ma
provando a liberare il concetto di “turista” dalle sfumature negative, facendo in modo che la sostenibilità e la ricchezza delle esperienze siano accessibili a chiunque.