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Il turismo enogastronomico tra sostenibilità, territorio e benessere relazionale

Il settore turistico è stato tra i più colpiti dagli effetti dell’emergenza Coronavirus: il Cna (Confederazione nazionale artigianato) Turismo ha stimato una perdita di volume d’affari del 73% solo nel primo semestre del 2020. Di conseguenza anche il turismo enogastronomico, eccellenza del Made in Italy, ha subìto notevoli perdite, benché forse in maniera minore. Infatti, nonostante la batosta, l’interesse e la propensione verso questo tipo di turismo ha continuato a crescere. Lo conferma il 2020 State of the Food Travel Industry report pubblicato dalla World Food Travel Association: uno studio che evidenzia punti di forza e di debolezza di un settore che, a livello mondiale, sarà sempre più rilevante. Il report è stato realizzato coinvolgendo 55 esperti provenienti da 33 Paesi, i cui dati sono stati elaborati da Roberta Garibaldi, membro del Board, docente di Tourism Management all’Università degli Studi di Bergamo e rappresentante per l’Italia, insieme ad alcuni colleghi americani. Ne è emerso che ben il 53% dei viaggiatori mondiali si è dichiarato “turista enogastronomico” e il 50% dei turisti vuole vivere un insieme variegato di esperienze multisensoriali, trovando nell’enogastronomia la soddisfazione dei loro bisogni. Gli esperti coinvolti nella realizzazione del report si dichiarano molto ottimisti a proposito di una crescita nei prossimi due anni, nonostante il Coronavirus. È chiaro quindi che, appena ci si potrà muovere con maggior libertà, il turismo enogastronomico sarà motivazione primaria per più della metà dei viaggiatori. Inoltre, non bisogna sottovalutare che questo tipo di turismo viene alimentato anche da viaggiatori di prossimità, da locali che si spostano in giornata e ha un altissimo tasso di repeater.  

 

 

Il turismo enogastronomico per far ripartire il turismo

Questo tipo di turista apprezza la cucina, le produzioni vitivinicole, ma anche le visite nelle aziende agricole o nelle cantine e si muove proprio per assaggiare e scoprire qualcosa di nuovo, di tradizionale o di legato a un certo territorio: cibi, vini e birre dei luoghi che sta visitando. Si può tornare per godere delle differenti produzioni e ricette stagionali, per partecipare ad attività circoscritte a momenti della vita agricola, vedi raccolte e vendemmie, o ad eventi legati all’enogastronomia, vedi sagre, fiere e mercati.   Il turismo enogastronomico si conferma quindi una delle colonne portanti del settore turistico italiano, alimentando un notevole giro d’affari e confermando l’Italia al top delle classifiche co me meta prescelta. Di fronte alla crisi che stiamo vivendo ci si chiede come può evolvere questo settore e magari diventare trainante per far ripartire tutto il comparto turistico. Oggi come in passato, intenditori e appassionati viaggiano alla scoperta dei prelibati sapori che caratterizzano la nostra penisola; è evidente, però, che è necessario un nuovo approccio. Orientare i flussi turistici, grazie proprio all’enogastronomia, verso destinazioni meno conosciute e meno affollate aiuterà a gestire le limitazioni imposte dal distanziamento e a godere al meglio delle esperienze e della destinazione. Occorre puntare sul turismo di prossimità e sui repeater, che hanno magari una minor propensione alla spesa degli stranieri, ma che spesso si trasformano in affezionati clienti e in promotori del loro territorio. Bisogna sviluppare una maggior consapevolezza sia nei turisti, sia nelle attività locali per far crescere un turismo più lento e sostenibile a supporto delle piccole attività artigiane che tramandano tradizioni e tutelano la cultura locale. Autenticità e specificità possono avvalersi della tecnologia digitale per essere competitivi e avere un’ampia diffusione, ma per distinguersi davvero è imprescindibile il fattore relazionale.  

Il ruolo delle relazioni: la base del successo del turismo enogastronomico in Italia

La cultura italiana consente di vivere l’esperienza enogastronomica con una chiave di lettura completamente diversa rispetto al resto del mondo, elemento che contribuisce a sviluppare un posizionamento distintivo del Made in Italy. Un gesto così comune, necessario ma semplice, come quello di sedersi a tavola racchiude in sé un significato ben più importante: in Italia, il cibo diviene il veicolo fondamentale per la comunicazione e la creazione di relazioni. La cultura dei sapori italiana sa unire e avvicinare le persone in un modo del tutto specifico e unico, proprio perché incentrata sulla convivialità dell’atto prima ancora dell’atto in sé per sé. In un contesto come quello che stiamo vivendo, dove la pandemia ci ha precluso proprio quelle relazioni conviviali che si sviluppano intorno al cibo spingendoci sempre di più verso rapporti mediati dalla tecnologia, sembra essere diventato necessario e prioritario ritrovarsi a condividere esperienze enogastronomiche che, seppur nel rispetto delle norme anti-Covid, ci regalino relazioni umane di qualità che ci raccontano di persone, territori e di un “saper fare” in armonia con la natura e con la cultura. Il turismo enogastronomico in chiave esperienziale si basa sulla promozione delle relazioni con le persone che condividono la stessa attività enogastronomica, che si trasforma in una storia reale, “viva” e pertanto ancor più interessante. E se anche ogni regione, ogni provincia e spesso anche ogni paesino ha la sua versione delle ricette, sono quattro le caratteristiche che non dovrebbero mancare mai in un’attività legata al turismo enogastronomico: convivialità, sensorialità, originalità, sostenibilità. Partecipa a GECO EXPO

 

Modelli di sostenibilità per il turismo enogastronomico

Modelli interessanti e virtuosi sono per quanto riguarda il vino associazioni come FIVI (Federazione Italiana Vignaioli indipendenti) VinNatur, DiViBio o gli aderenti al manifesto Triple A, tutti motivati dal proporre e promuovere un’organizzazione economica del vino sostenibile e razionale. Produrre vino naturale significa agire nel pieno rispetto del territorio, della vite e dei cicli naturali, limitando l’utilizzo di agenti invasivi e tossici di natura chimica e tecnologica in genere, dapprima in vigna e successivamente in cantina. Vuol dire anche preservare l’individualità dei vini e dei vignaioli che coltivano le proprie vigne, imbottigliano il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto. Un approccio di questo tipo consente di far immergere il turista-visitatore nella pratica e nella cultura della vigna e del vino, che differenzia profumi e aromi dei vini in base non solo ai territori, ma anche a fattori naturali in continua evoluzione. Il vino evolve, cambia a secondo del momento, del cibo a cui viene associato e delle condizioni atmosferiche adattandosi in modo naturale anche alle dinamiche relazionali. Più complessa la gestione della sostenibilità nella filiera agroalimentare, dove, a fronte di numerosi marchi di qualità che tutelano e identificano le peculiarità di prodotti agroalimentari, i piccoli produttori sono ancora molto parcellizzati e poco organizzati. Stanno lavorando in questa direzione la Coldiretti e i distretti agroalimentari che dovrebbero rappresentare validi strumenti di crescita nella direzione della sostenibilità e della tutela dei produttori, dei territori e di tutta la filiera fino alla ristorazione e al turismo agroalimentare.

Pubblicato il 25-06-2021

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