Avete mai sentito parlare di Slow Tourism? Sull’onda dello “slow food” come risposta alla globalizzazione dell’alimentazione, anche nell’industria turistica si è diffusa una nuova filosofia dei viaggi. Come è facile immaginare, questo modo di esplorare il mondo è improntato alla calma, alla lentezza, alla consapevolezza e alla sostenibilità. Si tratta di prendersi un po’ di tempo per conoscere un luogo, per assorbirne le caratteristiche, per familiarizzare con culture diverse e per vedere forse meno luoghi, ma conoscendoli più a fondo. Questa tendenza, che si sta affermando sempre di più, potrebbe finalmente imprimere una svolta verso la sostenibilità all’intera industria turistica, giacché gli appassionati di slow tourism tendono a essere anche più consapevoli dell’impatto ambientale delle loro scelte di viaggio.
La vacanza di chi è stressato dalle vacanze
A tutti noi manca viaggiare e non vediamo l’ora di tornare a farlo, ma in molti non hanno dimenticato come i format di viaggio più diffusi tendano a essere tutt’altro che rilassanti. I
viaggi organizzati, i programmi a tappe forzate che trasportano i turisti da un monumento imperdibile all’altro, con orari prestabiliti per i pasti e le soste, con una tabella di marcia che trasforma lo svago in un obbligo: tutti questi elementi sono ancora molto popolari nel turismo di massa, ma
cresce il numero dei viaggiatori che li vive con insofferenza e ricerca esperienze diverse. Il viaggio, per questo target, non ha lo scopo di vedere e sperimentare il più possibile, ma piuttosto di
percepire e godere delle esperienze il più consapevolmente possibile. Si prediligono quindi soggiorni più lunghi, con meno tappe, che permettano di vivere intensamente ogni destinazione, assaporandola al rallentatore.
I viaggiatori che ricercano lo slow tourism non vogliono conoscere solo le attrazioni turistiche, ma anche la vita quotidiana e la cultura del luogo.
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Rallentare il viaggio, non solo il soggiorno: la chiave della sostenibilità
Un altra caratteristica dello slow tourism è quella di
non cercare ossessivamente il mezzo più rapido per raggiungere la propria meta. Lo spostamento non è solo una necessaria perdita di tempo che separa il turista dall’esperienza per la quale ha pagato, ma una parte integrante della stessa. Da qui la decisione, sempre più comune, di viaggiare verso la propria destinazione
in treno o in barca invece che in aereo. Queste scelte, come ci insegna la traversata della giovanissima attivista
Greta Thunberg, sono molto più
sostenibili e possono essere vissute come
un’esperienza trasformativa.
Come si costruisce un pacchetto di slow tourism?
Questo tipo di turismo permette grande creatività a chi deve compilare l’offerta di viaggio.
Non esistono tappe obbligate, le aspettative si dilatano e le prospettive si espandono. Se ci si trova a Roma, non è obbligatoria una visita al Colosseo, se si passa per Parigi, si può fare in meno di vedere la Tour Eiffel. La parola chiave è
“esperienza”. Il
viaggiatore “slow” non vuole afferrare un’immagine da portare a casa, non vuole vedere, fotografare e andare via con un souvenir:
vuole vivere. Vuole pensare, riflettere, capire, conoscersi attraverso un’esperienza unica, che non sarebbe replicabile in nessun altro luogo.
Si va quindi dai weekend con percorsi enogastronomici a base di specialità e primizie locali ai ritiri mistici e spirituali in monasteri e abbazie, dai weekend dedicati allo yoga ai ritiri per scrittori e creativi, dalle escursioni di tre giorni in alpeggio a quelle in barca a vela.
Slow food, slow tourism e slow living
Non si tratta solo di evitare i viaggi organizzati, i pacchetti all-inclusive e il fast food: queste scelte si inseriscono all’interno di
un vero e proprio movimento che promuove una visione più sostenibile della vita. Il
concetto di “lentezza” applicato al viaggio, così come al cibo o perfino al lavoro si pone in netta contrapposizione con la saturazione di stimoli della vita globalizzata e il bombardamento costante di sollecitazioni al quale siamo sottoposti.